Fallout 3 - Mothership Zeta

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Noctis71
view post Posted on 2/6/2010, 17:19





Con Mothership Zeta si conclude il percorso di sperimentazione che Bethesda ha pianificato per Fallout 3. Ognuna delle cinque espansioni, presentate ad intervalli regolari dopo la pubblicazione del titolo principale, è andata ad esplorare nuovi linguaggi, ambientazioni e tematiche che probabilmente non sarebbero state apprezzate dai tanti estimatori storici di una licenza così radicata ed amata come quella nata sotto l’etichetta Interplay. Un’operazione accorta, nel complesso da considerarsi pienamente riuscita, con la quale Bethesda ha delegato al gioco principale, dalle tematiche e le ambientazioni più classiche, il compito di convincere i vecchi fan della bontà del progetto e nel contempo di catturarne di nuovi incuriositi dall’affascinante universo di gioco; mentre con i diversi DLC ha potuto valutare il successo ed il gradimento di alcune scelte narrative forti, sulle quali basare gli sviluppi futuri della serie.

Vascello Madre Zeta
Come sempre sarà un nuovo, sconcertante canale radio a fornirvi l’indicazione che qualcosa di inconsueto e strano sta succedendo. Una volta nei pressi della fonte del segnale scoprirete che un piccolo disco volante è precipitato nel pieno delle Wasteland. Nemmeno il tempo di avvicinarvi ed un raggio traente vi strapperà dalla Capitale per portarvi a bordo dell’ammiraglia aliena. Qui, continuando con i classici stilemi del film di fantascienza del dopoguerra, sarete cavie di alcuni misteriosi esperimenti perpetrati da un manipolo di esserini verdi. Una volta ripresa conoscenza comincerà la vostra avventura che vi porterà a mettere a ferro e fuoco la navicella spaziale. Come abbiamo sottolineato gli sceneggiatori Bethesda hanno ripreso a piene mani il design, le ambientazioni e le tematiche dei più classici b-movies fantascientifici del cinema, un’operazione analoga a quella che Point Lookout ha fatto con i film horror. Se da una parte questa scelta ci ha colpito per il citazionismo di alcune scelte, dall’altra non si fa apprezzare a causa del poco carisma e la scarsa caratterizzazione di cui soffrono i nemici e le ambientazioni, eccessivamente standardizzati e privi di personalità. Questa sensazione è accentuata anche dalla presenza di soli due “modelli” di alieni (con e senza casco, più un’eventuale terza variazione con uno scudo energetico), due modelli di robot e le classiche torrette. Questa povertà rovina in parte l’originalità dell’ambientazione e va ad intaccare persino il giudizio sulla realizzazione tecnica dell’espansione, che beneficiando del fatto di avere soli luoghi angusti e chiusi, può sfoggiare ambientazioni molto più pulite e definite rispetto al passato, cosa che era impossibile ottenere nella vastità delle Wasteland. La struttura di questo ultimo DLC ci ha ricordato quella della prima espansione di Fallout 3, Operation Anchorage. Come in quell’occasione gli sviluppatori di Bethesda hanno rinunciato alla libertà e rigiocabilità tipica della serie per offrire un’esperienza finita e lineare, una breve esperienza da gustarsi tutta di un fiato in un qualsiasi istante della trama principale. Dal momento del rapimento, fino all’inevitabile scontro finale sarete bloccati nello spazio senza possibilità di tornare a terra, con di fronte a voi un unico, angusto percorso da seguire. Le scelte che vi troverete ad affrontare saranno semplicemente di ordine temporale, ovvero in quale sequenza svolgere i segmenti di missione proposti. Nessuna delicata scelta morale quindi, ma le solite 4 ore di esplorazione e combattimenti necessarie per sbarazzarci degli alieni, arraffare tutta la tecnologia possibile e tornare a casa. Oltretutto il livello di difficoltà sarà settato piuttosto verso il basso, con soli rari momenti realmente impegnativi ad ostacolare la vostra trionfale carneficina aliena. Probabilmente questa scelta è stata fatta per non scoraggiare i novizi ad acquistare questa avventura nello spazio, ma tutti coloro che sono stati in Alaska, a Pittsbourgh, a Point Lookout o nella Confraternita d’Acciaio avranno davvero vita facile sulla Mothership Zeta. Dal punto di vista dell’equipaggiamento si possono annoverare alcune interessanti versioni delle classiche pistole e fucili laser. Queste armi dagli altisonanti nomi, sono piuttosto potenti, in grado di consumare pochi PA e con un alta possibilità di colpi critici, quindi molto indicate per intensi scontri a fuoco. Per il resto niente di davvero degno di nota.

Tecnologia Aliena
Come accennato Mothership Zeta si fa apprezzare per l’estrema pulizia delle ambientazioni, agevolata da un design dei livelli piuttosto semplice e lineare. Tranne qualche affascinante scorcio del pianeta Terra non vedrete altro che monotoni corridoi interrotti da qualche stanza più ampia nella quale si concentreranno gli scontri più furiosi. Il level design risulta di conseguenza poco ispirato, fatto di ambienti contigui, divisi da semplici puzzle risolvibili con la pressione di alcuni pulsanti. Il comparto sonoro è inclassificabile. L’essere nello spazio priva il giocatore degli ormai abusati canali radio di Fallout 3, che non vengono sostituiti da nessuna nuova fonte di musica. Questo lascia il giocatore nell’asettico silenzio della nave aliena interrotto solo dai normali effetti sonori. La longevità è nella media dei DLC finora presentati, con però una reale mancanza di rigiocabilità, determinata dall’eccessiva linearità dello sviluppo della trama.





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